01 marzo 2006

Processo Enel: oltre ai danni chiesto il ripristino ambientale


Il processo che si sta conducendo ad Adria (Rovigo) contro gli amministratori delegati di Enel e i dirigenti della centrale Enel di Porto Tolle è ormai verso la conclusione. Importanti le richieste di pena da parte del Pubblico Ministero Manuela Fasolato per gli imputati chiamati a rispondere delle ricadute oleose che sarebbero state provocate dai fumi delle centrale e delle emissioni solforose finite nell'atmosfera in concentrazione maggiore a quanto consentito dalla legge regionale: 18 mesi agli amministratori delegati Paolo Scaroni e Franco Tatò, 12 mesi e sei mesi rispettivamente ai direttori Zanatta e Busatto.
Secondo la requisitoria del P.M. Fasolato i dirigenti e gli amministratori delegati Enel pur potendo diminuire l'impatto ambientale dell'attività della centrale elettrica di Polesine Camerini, non lo avrebbero fatto e per un motivo semplice: costava troppo bruciare un olio combustibile privo di zolfo per ciascuno dei 4 gruppi elettrogeni.
Sarebbe perciò stato molto meglio risparmiare fino a 250mila euro per gruppo elettrogeno al giorno e massimizzare i profitti.
L'Avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro ha proseguito nella richiesta di condanna:
"C'era una legge regionale che impediva ogni forma di inquinamento nel Parco del Delta del Po, ma l'hanno ignorata. L'hanno ignorata nonostante si stia parlando dell'unico caso in Italia di una centrale sistemata nel cuore di un parco naturale. Quella centrale, anzi, è divenuta la più inquinante in assoluto, totalizzando il 60 per cento delle emissioni di anidride solforosa sul suolo nazionale"
Secondo l'accusa la richiesta di una somma per il pagamento dei danni non basterà a coprire i danni che Enel avrebbe provocato all'ambiente con l'inquinamento, quantificati in un miliardo di euro. Di qui la richiesta che il giudice condanni l'azienda anche al ripristino dello stato dei luoghi, danneggiati da emissioni, ricadute e piogge acide.

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