12 gennaio 2011

Processo Enel Porto Tolle: la Cassazione riconosce le responsabilità dei vertici Enel


Mi giunge la notizia che è stata emessa dalla Corte di Cassazione di Roma - ultimo grado di giudizio dopo quello di primo grado, presso il Tribunale di Adria, ed il secondo presso la Corte d'Appello di Venezia - una sentenza che condanna i vertici di Enel e gli ex direttori della centrale, per inquinamento ambientale e danneggiamento.

In sostanza sembra sia stato confermato quanto stabilito ad Adria nel 2006, quando tra le parti civili erano presenti anche le istituzioni, che via via si sono ritirate dal processo, lasciando soli i cittadini e le associazioni di fronte al colosso energetico.
A volte non basta essere un colosso.

Qui di seguito le dichiarazioni dei legali Matteo Ceruti e Valerio Malaspina difensori di parte civile nel processo della centrale termoelettrica Enel di Porto Tolle

Gli avv.ti Matteo Ceruti e Valerio Malaspina esprimono la loro soddisfazione per l'accoglimento dei ricorsi da parte della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto la responsabilità penale degli amministratori delegati di ENEL spa Tatò e Scaroni, oltre che dei direttori della centrale Zanatta e Busatto.

Pur nell'attesa del deposito della motivazione della sentenza, si può già osservare che, malgrado la complessità della struttura societaria, la Suprema Corte, contrariamente a quanto deciso dai giudici veneziani, ha riconosciuto una responsabilità del vertice della holding in relazione ai reati di emissioni moleste, danneggiamenti e violazione della normativa sull'inquinamento atmosferico.

Ora, essendosi nel frattempo prescritti i reati, spetterà alla Corte d'Appello civile di Venezia operare l'esatta quantificazione di tutti i danni patiti delle parti civili rimaste.

Si tratta di un'importante conferma della correttezza dell’impostazione accusatoria, della sentenza di primo grado e della posizione perseguita dalle parti civili rappresentate dagli scriventi, che sono stati gli unici soggetti a sostenere sino all'ultima fase processuale la tesi di un obbligo di controllo e di intervento sulla centrale di Porto Tolle anche da parte dei massimi livelli societari.


04 gennaio 2011

Firme a sostegno della Fiom e per la difesa dei diritti sindacali


Credo non sia solo mio il desiderio di vedere unito il sindacato dei lavoratori.

Nonostante il continuo appello del segretario Landini all'unità, continua massiccia la campagna di delegittimazione nei confronti della Fiom, indisponibile ai ricatti di Marchionne. Ricatti che non fanno altro che alimentare una guerra fra poveri, a cui ha ceduto ormai gran parte del sindacato e per cui il lavoratore, di qualsiasi specie esso sia, si sta piano piano trasformando in un essere senza dignità e diritti.
Nel caso specifico sembra possibile che una associazione di lavoratori che non firma il contratto perchè lo ritiene inaccettabile (Fiom) debba non essere poi rappresentata a livello aziendale. E' possibile? Si tratta solo con coloro che accettano il contratto obtorto collo? Come dare voce a questi lavoratori nella loro azienda?

Il "modello" - per ora solo in casa Fiat - è certamente esportabile anche in altri settori: a chi toccherà dopo i metalmeccanici?
La stampa osserva e in gran parte applaude il gran Marchionne (uomo dell'anno per Il Sole 24 ore).
Ma per fortuna c'è chi è in grado di fare un'analisi spietata della situazione. Come Furio Colombo nel suo editoriale di domenica scorsa dal titolo Fiat: una cattedrale senza Dio grazie a cui alla fine del discorso emerge con chiarezza che la lotta contro gli operai irriducibili è pura strumentalizzazione.

E per fortuna c'è ancora chi si schiera dalla parte dei soliti vecchi operai, sempre fra gli ultimi. Probabilmente perchè rappresentano tutti noi. Che magari non siamo in fabbrica (e certamente fa differenza), ma che viviamo solo ed esclusivamente del nostro lavoro.

Qui l'appello di Micromega a sostegno della Fiom