06 aprile 2009

Il parere dell'esperto sulla proposta di legge antiambientalista

Cari lettori i vostri commenti e le vostre domande sul mio precedente post, in cui si parla della proposta di modificare l'attuale art. 18, comma 5 della legge n. 349 dell'86 , hanno sollevato dubbi e perplessità in me stessa inducendomi a chiedere aiuto ad un esperto, che gentilmente mi ha risposto in modo chiaro e preciso. Spero che questo possa servire anche a tutti voi.

"Cara Lavocetta il problema è il seguente. Tutti quelli che propongono un'azione in giudizio davanti al Giudice civile amministrativo, oppure resistono ad un'azione, ivi comprese le associazioni di protezione ambientale, se perdono, possono essere condannati alle spese del giudizio, anche se il giudice può decidere "per giusti motivi" di compensare le spese parzialmente o per l'intero (cioè ognuno si paga il suo avvocato). Inoltre tutti, comprese le associazioni di protezione ambientale, possono essere condannati a risarcire i danni derivanti dalla cosiddetta "lite temeraria" per aver agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave, cioè sapendo di avere "torto marcio" ovvero per non aver usato un minimo di diligenza al riguardo: si tratta ovviamente di casi particolari e rari (art. 96 del codice di procedura civile). Così è ad oggi ed è sempre stato. La proposta di legge in esame prevede due cose. Con una prima norma si richiama l'applicazione del citato art. 96 del c.p.c., ma solo per i ricorsi delle associazioni di protezione ambientale: ora qui i casi sono due: la previsione dunque non aggiunge nulla all'ordinamento, ma serve a "richiamare" il Giudice a dare un'applicazione più stringente di questa disposizione ai ricorsi delle associazioni, allo scopo evidente di scoraggiarli. Preciso che una disposizione identica è già stata approvata con il cd. "decreto anticrisi" (citato infatti nella relazione alla proposta di legge) con riferimento ai ricorsi delle associazioni contro le nuove grandi opere decise dal Governo nell'ambito del "quadro strategico nazionale" anticrisi. La seconda norma proposta è più grave in quanto prevede che le associazioni, nel caso in cui il loro ricorso sia respinto perché dichiarato "manifestamente infondato", siano condannate, oltre che alle spese del giudizio, al risarcimento dei danni. Questa è una previsione che varrebbe solo ed esclusivamente per le associazioni di protezione ambientale le quali dunque verrebbero punite per il loro attivismo. E' chiaro che così facendo mai e poi mai un'associazione si arrischierebbe di proporre un ricorso contro non dico una "grade opera", ma neppure una strada di paese, in quanto c'è il rischio di condanna al risarcimento di danni milionari e dunque di "fallimento" dell'associazione. Il tutto risulta ancora più grave se si considera che in molti casi soltanto le associazioni ambientali vengono considerate legittimate a proporre un ricorso in materia ambientale (in quanto la legittimazione dei comitati locali è dubbia e i singoli cittadini debbono dimostrare di avere un concreto interesse che può essere pregiudicato dall'intervento). così facendo dunque si azzerano gran parte delle azioni davanti al Giudice amministrativo in materia ambientale. E' chiaro che una previsione di questo tipo costituirebbe una grave violazione del principio costituzionale della tutela giurisdizionale degli interessi, oltre che di quello dell'eguaglianza delle parti in giudizio: ma perché non si prevede anche la condanna delle imprese che perdono il ricorso in materia di appalti? ovvio che no: si bloccherebbe una legittima esigenza di tutela giurisdizionale degli interessi economici. Ma perché allora non debbono essere considerati altrettanto legittimi gli interessi alla tutela ambientale? Spero di aver chiarito l'abnormità di una tale proposta per la stessa democrazia del nostro Paese."
(lettera firmata)

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