Finalmente potrò avere anch'io il mio bel limone in giardino con i suoi profumatissimi fiori.
Tutto bene? No, perchè ogni cosa ha il suo rovescio ...
L’olivo, Olea europaea, è pianta tipicamente mediterranea. Il suo areale è lo stesso degli agrumi, anche se, con alcune varietà più resistenti al freddo, lo troviamo diffuso nel Veneto in zone particolari, in prossimità del lago di Garda o sui versanti esposti a sud di zone collinari, quali la Valpolicella, la zona del Grappa, i colli Euganei e Berici. Viene apprezzato e si trova sempre più frequentemente nei giardini come pianta ornamentale, in quanto sempreverde e molto longeva. E’ inoltre una specie molto rustica, non avendo esigenze particolari in fatto di terreno, irrigazione o concimazione. Da qualche anno, complice il clima invernale ormai eccezionalmente mite, anche da noi, come si può vedere dalle foto, si può considerare una pianta da frutto, perché in grado di produrre una grande quantità di olive, peraltro sanissime, senza bisogno di trattamenti. Nei prossimi anni, quindi, potremmo avere, oltre alle Americane di Valliera (le patate), al melone del Delta, ad Ariano l’aglio polesano, anche le “olive nere DOC”. La raccolta, se si vuole produrre l’olio, va eseguita all’invaiatura, ossia quando il colore passa dal verde a quello tipico della varietà. Le olive cadute a terra sono scadenti, quindi è preferibile staccarle a mano. Per metterle in salamoia, si possono raccogliere quando sono ancora verdi. Il periodo in genere va da metà ottobre fino a dicembre. Un’altra pianta che in questi ultimi due anni, complice lo stravolgimento climatico in atto, ci regala i suoi frutti deliziosi è il nespolo del giappone, Eriobotrya japonica, specie diversa dal nespolo comune, il Mespilus germanica, i cui frutti si raccolgono in questo periodo. L’E. japonica è un sempreverde, con grandi foglie, originaria della Cina orientale. Viene coltivata per i frutti in zone temperato-calde, in Giappone, Stati Uniti, in Spagna nella zona di Valencia e in Italia nella provincia di Palermo e un po' in Calabria. Fiorisce in novembre, e in passato, con i primi freddi, i fiori abortivano. Da noi finora era usata come ornamentale, ma a giugno del 2007 e del 2008 gli alberi erano carichi, fino a 30 Kg, di dolci frutti ovali, giallo-arancio, simili ad albicocche. Ma non è finita qui, perché nei nostri giardini si possono ammirare sempre più spesso palme, agrumi o altre specie ornamentali di climi caldi. Quindi possiamo ben sperare di poter raccogliere tra non molto anche arance e datteri. Tutto bene? Non proprio, perché ogni cosa ha spesso il suo rovescio. La modifica delle condizioni climatiche nei nostri ambienti, se da un alto favorisce certe specie, dall’altro mette in crisi le piante tipiche del nostro territorio. I frutticoltori si sono accorti che peschi, meli e peri richiedono cure sempre maggiori, in termini di irrigazione, concimazione e trattamenti antiparassitari. La specie che maggiormente ne risente, attualmente, è il pero, in quanto ha necessità di inverni freddi per maturare bene le gemme a fiore. A conferma di ciò quest’anno le produzioni delle pere sono dimezzate, ed è probabile che i frutteti verranno progressivamente estirpati. Questo è un invito ai tanti che parlano, con convinzione ma in maniera teorica, di sviluppo sostenibile, e non si sono mai fermati ad osservare come piante, animali, insetti, malattie, stanno cambiando o si stanno diffondendo, minando di conseguenza le basi del nostro benessere. Si cerca continuamente di correre ai ripari, per problemi sempre “nuovi ed inattesi”, magari creandone di nuovi. Gli apicoltori forse ne sanno qualcosa, e, solo per fare un esempio, in questo momento sono molto preoccupati di fronte ad un programma di disinfezione generalizzata alle zanzare, in Polesine.
E’ evidente che dobbiamo affrontare la sfida dello sviluppo in modo diverso, ricercando soluzioni innovative dal punto di vista scientifico e tecnico, in materia di energia, di produzione, di infrastrutture e di smaltimento rifiuti.
Gabriele Zecchin
L’olivo, Olea europaea, è pianta tipicamente mediterranea. Il suo areale è lo stesso degli agrumi, anche se, con alcune varietà più resistenti al freddo, lo troviamo diffuso nel Veneto in zone particolari, in prossimità del lago di Garda o sui versanti esposti a sud di zone collinari, quali la Valpolicella, la zona del Grappa, i colli Euganei e Berici. Viene apprezzato e si trova sempre più frequentemente nei giardini come pianta ornamentale, in quanto sempreverde e molto longeva. E’ inoltre una specie molto rustica, non avendo esigenze particolari in fatto di terreno, irrigazione o concimazione. Da qualche anno, complice il clima invernale ormai eccezionalmente mite, anche da noi, come si può vedere dalle foto, si può considerare una pianta da frutto, perché in grado di produrre una grande quantità di olive, peraltro sanissime, senza bisogno di trattamenti. Nei prossimi anni, quindi, potremmo avere, oltre alle Americane di Valliera (le patate), al melone del Delta, ad Ariano l’aglio polesano, anche le “olive nere DOC”. La raccolta, se si vuole produrre l’olio, va eseguita all’invaiatura, ossia quando il colore passa dal verde a quello tipico della varietà. Le olive cadute a terra sono scadenti, quindi è preferibile staccarle a mano. Per metterle in salamoia, si possono raccogliere quando sono ancora verdi. Il periodo in genere va da metà ottobre fino a dicembre. Un’altra pianta che in questi ultimi due anni, complice lo stravolgimento climatico in atto, ci regala i suoi frutti deliziosi è il nespolo del giappone, Eriobotrya japonica, specie diversa dal nespolo comune, il Mespilus germanica, i cui frutti si raccolgono in questo periodo. L’E. japonica è un sempreverde, con grandi foglie, originaria della Cina orientale. Viene coltivata per i frutti in zone temperato-calde, in Giappone, Stati Uniti, in Spagna nella zona di Valencia e in Italia nella provincia di Palermo e un po' in Calabria. Fiorisce in novembre, e in passato, con i primi freddi, i fiori abortivano. Da noi finora era usata come ornamentale, ma a giugno del 2007 e del 2008 gli alberi erano carichi, fino a 30 Kg, di dolci frutti ovali, giallo-arancio, simili ad albicocche. Ma non è finita qui, perché nei nostri giardini si possono ammirare sempre più spesso palme, agrumi o altre specie ornamentali di climi caldi. Quindi possiamo ben sperare di poter raccogliere tra non molto anche arance e datteri. Tutto bene? Non proprio, perché ogni cosa ha spesso il suo rovescio. La modifica delle condizioni climatiche nei nostri ambienti, se da un alto favorisce certe specie, dall’altro mette in crisi le piante tipiche del nostro territorio. I frutticoltori si sono accorti che peschi, meli e peri richiedono cure sempre maggiori, in termini di irrigazione, concimazione e trattamenti antiparassitari. La specie che maggiormente ne risente, attualmente, è il pero, in quanto ha necessità di inverni freddi per maturare bene le gemme a fiore. A conferma di ciò quest’anno le produzioni delle pere sono dimezzate, ed è probabile che i frutteti verranno progressivamente estirpati. Questo è un invito ai tanti che parlano, con convinzione ma in maniera teorica, di sviluppo sostenibile, e non si sono mai fermati ad osservare come piante, animali, insetti, malattie, stanno cambiando o si stanno diffondendo, minando di conseguenza le basi del nostro benessere. Si cerca continuamente di correre ai ripari, per problemi sempre “nuovi ed inattesi”, magari creandone di nuovi. Gli apicoltori forse ne sanno qualcosa, e, solo per fare un esempio, in questo momento sono molto preoccupati di fronte ad un programma di disinfezione generalizzata alle zanzare, in Polesine.
E’ evidente che dobbiamo affrontare la sfida dello sviluppo in modo diverso, ricercando soluzioni innovative dal punto di vista scientifico e tecnico, in materia di energia, di produzione, di infrastrutture e di smaltimento rifiuti.
Gabriele Zecchin
1 commento:
Questo è un invito ai tanti che parlano, con convinzione ma in maniera teorica, di sviluppo sostenibile, e non si sono mai fermati ad osservare come piante, animali, insetti, malattie, stanno cambiando o si stanno diffondendo, minando di conseguenza le basi del nostro benessere.
Vorrei criticare questa frase, credo, chi ha consapevolezza delle parole -SVILUPPO SOSTENIBILE- non possa affatto essere contento del cambiamento di clima che stà devastando il pianeta.
Mai, si può riferire a sviluppo sostenibile: cercando di fare adattare piante non autoctone.
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