Ormai è stato detto da molti analisti: la rivoluzione nasce dalla Rete e la fanno i blogger. Ogni persona può essere una fonte di informazione e direttamente renderla disponibile a tutti, superando ogni forma di gerarchia o di censura. Gli effetti possono essere diversi, dalle brutte figure dei governi e delle diplomazie mondiali grazie a Wikileaks, ad una vera e e propria rivoluzione. L'importante è considerare che la Rete tramite il passaggio dell'informazione consente l'evoluzione delle coscienze e perciò rappresenta per ogni potere un pericolo e per una dittatura il nemico da abbattere. E infatti Mubarak, a seguito dell'insurrezione popolare, ha isolato il Paese. Nonostante questo la protesta, che dura da settimane e che chiede maggiori diritti (lavoro, una vita dignitosa, libertà) è profonda e forte. Forse tanto da riuscire a vincere Mubarak, oggi chiamato Faraone, e tutti coloro che con lui hanno condiviso indisturbati potere e privilegi per quasi trentanni.
A seguito di questi fatti ho ascoltato alcuni opinionisti che osservavano che in Italia la politica non sembra avvalersi della spinta propulsiva presente nella rete. Credo sia vero solo in parte e cioè considerando che la politica la fanno solo i partiti.
Ma io sono convinta che la gente sia al limite della sopportazione. Il progressivo impoverimento dei ceti più deboli, operai ma sempre più anche insegnanti per non parlare dei precari o di chi proprio non lavora, insieme alla progressiva riduzione dei diritti in ogni ambito lavorativo - su tutti l'esempio di Mirafiori- stanno creando una sempre più profonda insoddisfazione. Per non parlare dei giovani laureati e specializzati, pieni di energia e di entusiasmo e pronti ad entrare nel mondo del lavoro per innovarlo, che si trovano di fronte un sistema chiuso, senza prospettive e che li rende sempre più schiavi per la progressiva riduzione dei diritti.
A tutto questo si aggiunge la frustrazione, di osservare che in Italia il tema centrale della politica è il rapporto di Silvio Berlusconi con la Giustizia e i processi, vuoi per i suoi affari privati, vuoi per la sua vita sociale privata. Se quanto era fuoriuscito con il caso D'Addario non era stato sufficiente per capire quale realtà si vivesse in Italia nei Palazzi del potere, il più recente “caso Ruby” sembra avere ha tolto ogni velo al vestito del re. Ma il Parlamento sembra preda di un incantesimo e l'attività politica consiste essenzialmente in battaglie salvapremier che durano da mesi.
L'Italia non ha altre priorità? Lo chiedo anche ai nostri avversari politici: non è il momento di alzare un po' lo sguardo ed il livello della politica? A quale prezzo salvare il premier?
E processi a parte: in questo Paese non non c'è più un limite alla decenza?
Forse non pensavamo di dover prendere lezione dai Tunisini che a furia di protestare sono riusciti a far scappare Ben Alì (anch'egli peraltro amico del nostro premier, come del resto un campione di democrazia quale Gheddafi). Lì la protesta è stata ed è portata avanti dalla gente comune: giovani, adulti, vecchi e donne! Il popolo ha preso coscienza ed ha agito da solo riappropriandosi della politica. A noi in teoria basterebbe un voto.
Inutile negare che anche in Italia l'attività politica sia svolta non solo dai partiti ma sempre più anche da movimenti e gruppi informali che nascono via Web. Così la protesta collettiva auto-organizzata sembra poter prendere forma e lo abbiamo visto fin dalle prime manifestazioni di Beppe Grillo (V-day) e del popolo Viola, a seguire quelle più recenti ad opera di un rinascente movimento femminile (come ieri a Milano su invito di Concita de Gregorio) e di associazioni contro il nucleare e del movimento per l'acqua pubblica.
Non so se, in assenza di una opposizione degna di questo nome in Parlamento, superando appartenenze e distinzioni, prima o poi scenderemo uniti in piazza per cacciare il nostro monarca che si crede dai poteri illimitati. E' vero egli controlla l'informazione, ma non può comprarsi la Rete. In Rete la voce del padrone che ogni giorno ricorda come un mantra la divisione dei “sudditi” fra comunisti e anticomunisti, non la possiamo neanche udire.
Per tutto questo, anche se oggi i partiti sono deboli e forse ancora non in grado di costruire attorno a sé una efficace opposizione, io mantengo una grande speranza che sia possibile il cambiamento anche con una coraggiosa pacifica rivoluzione.
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