Il fisico Massimo Scalia è intervenuto venerdì scorso 6 novembre per una Conferenza sul nucleare in Italia, in rapporto al resto dell'Europa, dal titolo "Centrali nucleari, una scelta sbagliata. L'altra strada dell'Europa".
L'incontro, organizzato dall'Arci, si teneva presso l'Archivio di Stato a Rovigo ed è riuscito a portare fuori casa molte persone di sera, strappandole dal vortice risucchiante divano-televisione deficiente, a cui ormai quasi più nessuno ha le forze di resistere. Segno che l'argomento sta a cuore a molti, tra favorevoli e contrari.
Presenti anche molti giovani studenti, penso delle superiori, armati di carta e penna per prendere appunti. Questo mi dà una certa speranza nella gioventù, che potrebbe spingere per il cambiamento necessario, sull'esempio degli Stati Uniti di Obama, del modo di intendere la politica e delle scelte da compiere per salvare il pianeta, ma prima di tutto per un vivere quotidiano più rispettoso dell'ambiente, nella dimensione di un piccolo paese sperduto o di una grande città.
Nel suo intervento Scalia ha affermato che secondo i dati della IEA (International Energy Agency) il mercato del nucleare è ristretto ed è un'industria in declino. Ed inoltre che "attualmente solo circa il 25% dei consumi di energia riguardano l'energia elettrica nei paesi industrializzati, come il nostro. Il Governo italiano afferma di voler produrre energia elettrica con il nucleare per un 25%. A conti fatti quindi questo 25% sarebbe circa un sedicesimo di tutti i consumi energetici nazionali (circa 6 punti percentuali), una quantità decisamente molto contenuta, se confrontata con la necessità di produzione di energia da fonti arinnovabili per il 20% al 2020 come fissato dall'Europa per riduzione delle emissioni di gas serra (in verità Berlusconi ha strappato uno sconto di 3 punti percentuali)".
Scalia è tornato inoltre più volte sul problema dei costi del nucleare, che sarebbero sempre a carico della collettività, e sulla riduzione della anidride carbonica sempre molto bassa rispetto alla necessaria riduzione prevista dagli obiettivi europei.
Nel recente vertice dei capi di stato dell'UE tenutosi il 30 ottobre scorso sono state approvate le proposte di riduzione ulteriore delle emissioni al 2050 dell'80-95%, rispetto al 1990, e la possibilità di ridurre del 30% al 2020, rispetto al 1990. Con queste proposte l'Europa va verso il vertice sul clima di Copenhagen di dicembre.
Scalia, sollecitato dai numerosi interventi dei presenti, ha affermato che la possibilità di ottenere energia elettrica con il nucleare può essere interessante, ma troppi sono ancora gli ostacoli per lo sviluppo di un sistema privo di rischi e ha accennato alla difficoltà di procedere concretamente per lo sviluppo di reattori a "sicurezza intrinseca", che in caso di guasto si spengono da soli.
Per Scalia bisogna guardare al futuro e nel futuro non c'è il nucleare.
Infine ha accennato all'idea innovativa di una distribuzione maggiore della produzione energetica che possa essere maggiormente controllabile da tutti ( facendomi pensare subito a Jeremy Rifkin e alla sua Terza rivoluzione industriale). Al contrario di adesso in cui poche multinazionali controllano il sistema produttivo, con tutte le conseguenze politiche ed economiche che sono sotto i nostri occhi.
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