Riflessioni su temi di attualità dall'ambiente ai diritti, compresi i diritti degli altri animali.
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28 maggio 2008
Domande in libertà 1
I rompiballe
25 maggio 2008
La favola del giorno
Giorni grevi di notizie. Sono quasi arrivata al punto di non voler sapere niente. Non ho scuse ma si tratta di autodifesa contro questo governo che contro immigrati, ambiente e cittadini organizzati a non subire proprio tutto, mostra i muscoli e i denti aguzzi fin dal suo esordio.
La favola atomica
Gianni Mattioli
Massimo Scalia
Ministri, politici e Confindustria ripetono che dall'energia nucleare si può trarre energia abbondante, tanto da liberarci dalla schiavitù del petrolio e del gas, energia pulita, tanto da contrastare l'incubo del cambiamento climatico, energia a prezzi ben più limitati, tanto da ridar fiato alla nostra stanca economia.
Tutto ciò è una favola, non ha alcun fondamento scientifico razionale: non poco o tanto discutibile, semplicemente inesistente. Tanto che sorge una domanda ingenua: è possibile che ministri, politici e industriali possano proclamare tante assurdità senza che un tecnico amico gli suggerisca qualche dato?
Basterebbe guardare gli altri paesi nucleari: forniscono un quadro di crisi dell'energia nucleare, documentata dai rapporti dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (Aie) e, in particolare, dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) delle Nazioni Unite.
L'energia nucleare abbondante. Di che parliamo? Oggi essa copre il 6,4% del fabbisogno mondiale di energia, e di uranio fissile, a questo ritmo modesto di impiego, secondo il rapporto Aiea del 2001 ce n'era per 35 anni. Certo, si potrebbe ricorrere all'uranio 238, ben più abbondante in natura: si tratta di un tipo di uranio non fissile, ma attraverso il processo di cattura di un neutrone, si puo trasformare in plutonio, materiale fissile, anzi ingrediente principale per le bombe. Materiale dunque ad alto rischio di proliferazione militare e anche sanitario: un milionesimo di grammo è la dose che può essere letale per inalazione. La Francia, che aveva perseguito con decisione questa strada, l'ha abbandonata col venir meno dell'urgenza strategica della force de frappe.
La questione delle scorie radioattive provenienti dalla fabbricazione e dall'impiego del combustibile nucleare. Solo per l'Italia, con il suo modesto passato nucleare, si tratta di un centinaio di migliaia di metri cubi, da sistemare in modo che non vengano più a contatto - per «ere» intere - con l'ambiente, la falda idrica, tutti noi. Oggi non c'è soluzione. Si era fatto molto affidamento - anche per Scanzano - sulle strutture geologiche saline, fidando sul carattere idrorepellente: l'acqua è un temibile avversario per la sua capacità di fessurazione di qualsiasi contenitore e conseguente messa in circolazione dei materiali radioattivi. La fiducia è crollata qualche anno fa, quando, nel corso della messa a punto del deposito Wipp del New Mexico, l'acqua ha fatto irruzione là dove non ci si sarebbe aspettati di trovarla e, inoltre, si è anche ipotizzata la possibile circolazione d'acqua a causa dell'insediamento di materiali ad alta temperatura (a causa della loro radioattività) con conseguente alterazione delle condizioni di stabilità geologica. Oggi si spera nelle rocce argillose e la Francia indirizza a queste strutture geologiche la sua ricerca.
Ma allora quanto costa il kilowattora, in una situazione nella quale il ciclo del combustibile nucleare è tutt'ora materia di ricerca fondamentale?
E si torna alla complessità di una tecnologia che ripropone il problema della radioattività, l'insoluta sfida che conosciamo dal 1896, con la scoperta di Becquerel. E' questo in definitiva il fattore che ha fatto lievitare il costo dell'energia prodotta, man mano che le popolazioni (e i lavoratori) statunitensi chiedevano standard di protezione sempre più elevati.
Vorremmo ricordare a ministri, politici e Confindustria che tutt'ora il danno sanitario da riadioazioni non ammette soglia al di sotto della quale non c'è rischio: dosi comunque piccole - questa è la valutazione della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti - possono innescare i processi di mutagenesi che portano al danno somatico (tumori, leucemia) o genetico. Da qui la lievitazione dei costi per la riduzione di rilasci di radiazioni, si badi, in condizioni di funzionamento di routine, degli impianti. E, a maggior ragione, la questione della sicurezza da incidenti.
Nasce da tutto questo il progressivo abbandono del nucleare civile, che dal 1978 diviene totale per gli Usa e all'inizio degli anni '90 per tutti i paesi Ocse (con la sola eccezione del Giappone), Francia compresa. Di qui il consorzio di ricerca guidato dagli Stati Uniti, Generation IV, che proclama la messa a punto di un reattore che si vorrebbe più sicuro, che usi con maggior efficienza l'uranio, non proliferante e che dovrebbe costare di meno. Il prototipo non è atteso prima del 2025, ma il premio Nobel Carlo Rubbia giudica già insufficiente il programma.
In questo quadro è incredibile parlare di energia pulita e poco costosa: il Department of Energy situa a 0,06 euro il prevedibile costo del kWh al 2010 e vien da sorridere se si pensa al costo del vento e alla sua formidabile espansione, altro che nucleare, su scala mondiale.
Certo, le imprese elettromeccaniche devono pur lavorare e forniscono impianti per esempio a Cina e India, ma continuano a non piazzarli in casa: solo gli enormi incentivi del provvedimento di Bush fanno dire alla Exelon, una delle principali elettriche Usa, che, in virtù di quegli incentivi, partiranno un paio di impianti entro il decennio, ancora di terza generazione, come di terza generazione è quello che si annuncia in Francia in mancanza di meglio.
È questo che ci propongono Governo, politici e industriali? Attendiamo chiarimenti.
18 maggio 2008
Verdi: nè di destra, nè di sinistra ?
Comunque la si giri è inevitabile per noi verdi non fare i conti con la sconfitta che va ben al di là delle responsabilità di chi possa anche (più o meno correttamente) aver remato contro perché ciò accadesse. E ce la ritroviamo tutta al nostro interno, fra di noi, nei circoli locali, in cui improvvisamente - e aggiungo: per fortuna - diventa necessario esprimersi per trovare il bandolo della matassa: l'avessimo fatto prima questo dibattito, invece di inseguire facili consensi unanimi in tutte le assemblee, dove era ben visibile la totale assenza di un vero confronto!
La crisi, uno dei pochi ricordi che mi è rimasto dal liceo, è un momento forte di consapevolezza, in cui acquisti la capacità di giudicare e di scegliere. Nei Verdi le diverse anime devono aver convissuto a lungo nella sopportazione reciproca e a volte anche fingendo di amarsi.
Ci sono quelli che inseguono i comitati e non vogliono sentir parlare di partito, dicono di non amare le gerarchie e di preferire la orizzontalità, che talvolta rischia di debordare in una generale anarchia gestita da pochi, senza regole.
Poi ci sono quelli che, da anni nelle istituzioni, cercano fondamentalmente di mantenere i privilegi acquisiti e che vivono una sorta di competizione con i comitati ambientalisti, che del resto e per fortuna non fanno mai distinzioni per chi è al potere.
Ma oltre a queste distinzioni metodologiche bisogna dire che il contenitore verde spazia da sinistra a destra: centri sociali, ex-comunisti delusi dal PRC, ambientalisti di estrazione liberale, ambientalisti cattolici, .... Dov'è il bandolo della matassa? Chi, o meglio cosa, può riuscire a tenere insieme queste molte anime verdi? Il compito è difficile.
La sconfitta elettorale della sinistra arcobaleno ha dato fiato a chi prima, con l'onda che avanzava della nuova sinistra, sommessamente continuava a ripetere inascoltato che i verdi devono stare da soli, fare i verdi, nè di destra nè di sinistra.
Il dibattito si è acceso.
Da parte mia credo che il modo giusto di affrontare il problema non sia di stabilire in astratto quanto a sinistra, al centro o a destra vogliono stare i verdi. Ma, nel rispetto di alcuni principi di fondo condivisi, prima di tutto di partire dalla concretezza delle azioni e dalla realtà che viviamo, cioè dalle persone con cui fino ad oggi abbiamo lavorato, andando al di là di quei paletti ideologici che spesso si traducono in un confine più ipotetico che reale. E di capovolgere il ragionamento partendo dallo sviluppo che vogliamo per il nostro territorio, locale o globale che sia. Forse in questo modo riusciremo a trovare un unico filo conduttore che ci accomuni e con cui guardar fuori.
elezioni politiche sinistra arcobaleno verdi
12 maggio 2008
SuperBurrasca a sinistra
La burrasca non si placa, siamo solo all'inizio. La sconfitta politica sta dando i suoi frutti amari nelle divisioni che si propagano a catena perchè ormai anche noi che da un rapido resoconto del fine settimana un tempo "fummo" della sinistra arcobaleno, oltre alla sconfitta politica e culturale rispetto alla vittoria della destra, siamo diventati tutti più poveri. Molti anche alcuni centri sociali tentano di smarcarsi da questa sconfitta che è prima di tutto culturale, dichiarandosi non più un luogo della sinistra. Forse perchè l'hanno a lungo e secondo me erroneamente identificata in un partito.
Qui un articolo di Pierluigi Sullo, direttore di Carta che secondo me si collega anche se un po' da lontano al precedente
Insomma la sinistra non piace più a nessuno Ma per non capire davvero più niente e continuare ad errare nella terminologia e nei concetti, ora che Veltroni ha perso le elezioni e in Parlamento è la minoranza, la sinistra nel gergo quotidiano è diventato il PD (!!!)
E i miei verdi? Qui il comunicato ufficiale dal sito dei verdi, qui un articolo dal Manifesto.
Ma le notizie sono frammentarie e non è facile comprendere il quadro della situazione.
06 maggio 2008
Un gesto di solidarietà per il Burkina Faso
Ho un collega che si occupa di un progetto per me grandioso che ha coinvolto fino ad ora anche l'Istituto agrario di Rovigo e che consiste nell'aiutare alcune cooperative agricole burkinabe a migliorare le tecniche di coltivazione dei campi e di allevamento colturale, tali da rendere possibile la autonomia alimentare di interi villaggi, con addirittura un surplus da commerciare. Questo grazie alla costruzione di modestissimi impianti di irrigazione (quando i pochi pozzi distano qualche km dai terreni e ciò comporterebbe un continuo andirivieni per l'approvvigionamento) e all'aiuto tecnico del mio collega e di altri esperti, grazie a fondi regionali stanziati da diversi anni per la cooperazione. Il progetto finanzia anche l'istruzione di quattro studenti del Burkina per diventare dei tecnici agrari.
Per offrire un aiuto individuale a cui personalmente vi sollecito contattatemi.