30 aprile 2009

Per il Delta una giornata nera, come il carbone

Qui a fianco Greenpeace in azione per scongiurare la possibilità di un perere positivo al carbone nel Delta.

Ho letto l'amara notizia che la commissione nazionale VIA, da mesi sotto "leggera" pressione di politici vari, ma soprattutto politici di Governo, di sindacati, di Enel e di Confindustria, ha dato il parere favorevole, con prescrizioni, per la conversione a carbone "pulito" della centrale Enel nel Delta del Po.


Ben 41 sarebbero le prescrizioni: sembra un segnale di disagio; forse alla commissione veniva "ingossa", come sarebbe venuta alla sottoscritta.
A meno che il progetto non peggiori con le prescrizioni, come accadde con la commissione VIA regionale!
Al peggio non c'è mai fine ...

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26 aprile 2009

Festa della Liberazione a Villadose


Le celebrazioni per il 25 aprile riempiono le prime pagine dei giornali di oggi.
Difficile da spiegare, ma sembra che il centro-destra al governo guidato in questi anni da S. Berlusconi, abbia fino ad oggi avuto qualche problema nel riconoscere apertamente il ruolo fondamentale della Resistenza e dei partigiani per la liberazione dall'occupazione nazista.
Per noi che per età siamo individualmente senza un passato da nascondere o da rivendicare, cresciuti in altri tempi ed educati da chi conservava vivo il ricordo doloroso degli anni bui della guerra e del fascismo, è sempre stata una festa di tutti. Nessuno escluso.

A Villadose il 25 aprile del 1945 ci fu un eccidio di 20 persone da parte dei tedeschi in fuga e dei fascisti. Perciò le celebrazioni hanno visto la partecipazione dei più alti livelli delle istituzioni locali, dal Presidente della Provincia al Prefetto.
Il tutto allietato da canti partigiani eseguiti dai ragazzi delle scuole elementari e medie e dalla banda villadosana.

Nel suo discorso tutto incentrato sui valori della democrazia e della libertà, frutto della resistenza partigiana, "valori da continuare a difendere con la viva partecipazione alle istituzioni", F. Saccardin, che da dieci anni è alla guida della Provincia e che non potrà ricandidarsi alle ormai imminenti elezioni, ha colto l'occasione per ringraziare e fare il suo saluto di addio ai comuni del Polesine.

15 aprile 2009

Nuova perizia Procura Rovigo contesta il progetto "carbone" per la centrale Enel

PORTO TOLLE: LA PROCURA MOSTRA TUTTE LE FALLE DELLA CONVERSIONE A CARBONE
ROVIGO, 15 aprile 2009 – Una nuova perizia della Procura della Repubblica di Rovigo consegnata recentemente al Ministero dell’Ambiente mostra che le rassicurazioni di Enel sulla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle sono del tutto inconsistenti, che esistono gravi lacune sulla stima delle emissioni in atmosfera e gli impatti per l’ambiente, e che il carbone rimane la scelta più onerosa per il delicato equilibrio del Parco Naturale del Delta del Po.
Alla luce di questi nuovi elementi, le associazioni firmatarie (1) ribadiscono che la scelta di Enel è unicamente mirata a massimizzare il proprio profitto utilizzando il combustibile più economico e più “sporco” oggi esistente sul mercato, in deroga alle leggi esistenti per la tutela dell’ambiente. Enel continua inoltre ad ignorare valide alternative per una conversione più pulita dell’impianto.
Recentemente il Procuratore Generale di Rovigo, Dario Curtarello, e il Pubblico Ministero, Manuela Fasolato, hanno conferito incarico ad alcuni periti di valutare le risposte di Enel ai punti deboli del progetto già segnalati dai consulenti in una precedente relazione tecnica.
Il nuovo documento conferma che rispetto a tutti i parametri ambientali considerati - l’emissione di inquinanti in atmosfera, l’impatto della logistica e la produzione di rifiuti - la soluzione a carbone è inequivocabilmente peggiorativa. Inoltre nella relazione tecnica dei consulenti si ribadisce che Enel non dà garanzie in ordine al rispetto di emissioni di polveri nei fumi corrispondenti a quanto prescritto dai documenti europei sulle MTD-migliori tecnologie disponibili. Enel omette inoltre di quantificare i carichi degli inquinanti in acqua e non prevede alcun dispositivo aggiuntivo per la rimozione dalle emissioni in atmosfera del mercurio e di altri metalli altamente nocivi.
I periti della Procura evidenziano infine che la stessa scelta di utilizzare l’olio combustibile a bassissimo tenore di zolfo, risulterebbe una scelta più razionale in quanto implicherebbe minori spese per l’adeguamento dell’impianto ed eviterebbe il transito delle oltre 3000 chiatte, riducendo le emissioni di sostanze inquinanti nelle lagune prospicienti il sito, dove è fortemente sviluppata l’attività della pesca.
Anche il vicino terminal gasiero di Porto Levante potrebbe rifornire la centrale di Porto Tolle a metano. In questo modo il maggior prezzo del combustibile sarebbe tuttavia a carico di Enel, ed è invece più conveniente scaricare sulla comunità polesana tutti gli impatti ambientali della conversione a carbone.
Nell’osservazione più grave la Procura contesta ad Enel di non voler fornire, come richiesto dal procedimento in corso, un quadro credibile tra le diverse alternative, a cui la centrale esistente può prestarsi; i confronti sono infatti effettuati in modo non omogeneo, viziando palesemente la stima degli impatti provocati.
Le carenze del progetto e dello studio di impatto ambientale del progetto di riconversione della centrale a carbone preoccupano particolarmente in quanto, come concludono i consulenti tecnici della Procura, “non si può trascurare il problema dell’ulteriore addizione di emissioni ad un bacino caratterizzato da elevata capacità di intrappolamento come quello padano, che costituisce notoriamente una delle aree geografiche a maggior impatto dell’intero pianeta”.
Questo scenario, tutt’altro che rassicurante, fu peraltro indicato come argomento da approfondire dalla stessa Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente la quale pertanto non può oggi omettere di tenerne conto, anche se una recente disposizione di legge, inopinatamente inserita in un provvedimento urgente riguardante tutt’altri argomenti (gli incentivi alla rottamazione delle auto e delle lavatrici), sembri agevolare l’espressione di un parere positivo alla trasformazione dell’impianto di Porto Tolle a carbone, in espressa deroga delle leggi nazionali e regionali: vera e propria legge “ad centralem”.

Comitato Cittadini Liberi di Porto Tolle, Coordinamento Comitati provincia di Rovigo, di
Cavarzere e Cona, Operatori Turistici di Rosolina Mare e Albarella, Greenpeace Italia,
ItaliaNostra, WWF Italia – sezione di Rovigo.

06 aprile 2009

Emergency: a Rovigo una splendida mostra fotografica

SUDAN- DIRITTO AL CUORE
Sudan. La estrema povertà e le guerre. Il contrasto tra la realtà e il mondo del lusso, anche lì propagandato, in mezzo alle macerie.
Medici coraggiosi che senza nulla in cambio spendono la loro vita per salvare le vite dei dimenticati della terra, immortalati qui per sempre nelle vivide fotografie.
Non ci sono parole da aggiungere, ma solo occhi per guardare.
Attraverso gli occhi dell'autore Marcello Bonfanti. Rovigo Pescheria nuova, fino al 9 aprile.
leggi anche questa notizia

Il parere dell'esperto sulla proposta di legge antiambientalista

Cari lettori i vostri commenti e le vostre domande sul mio precedente post, in cui si parla della proposta di modificare l'attuale art. 18, comma 5 della legge n. 349 dell'86 , hanno sollevato dubbi e perplessità in me stessa inducendomi a chiedere aiuto ad un esperto, che gentilmente mi ha risposto in modo chiaro e preciso. Spero che questo possa servire anche a tutti voi.

"Cara Lavocetta il problema è il seguente. Tutti quelli che propongono un'azione in giudizio davanti al Giudice civile amministrativo, oppure resistono ad un'azione, ivi comprese le associazioni di protezione ambientale, se perdono, possono essere condannati alle spese del giudizio, anche se il giudice può decidere "per giusti motivi" di compensare le spese parzialmente o per l'intero (cioè ognuno si paga il suo avvocato). Inoltre tutti, comprese le associazioni di protezione ambientale, possono essere condannati a risarcire i danni derivanti dalla cosiddetta "lite temeraria" per aver agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave, cioè sapendo di avere "torto marcio" ovvero per non aver usato un minimo di diligenza al riguardo: si tratta ovviamente di casi particolari e rari (art. 96 del codice di procedura civile). Così è ad oggi ed è sempre stato. La proposta di legge in esame prevede due cose. Con una prima norma si richiama l'applicazione del citato art. 96 del c.p.c., ma solo per i ricorsi delle associazioni di protezione ambientale: ora qui i casi sono due: la previsione dunque non aggiunge nulla all'ordinamento, ma serve a "richiamare" il Giudice a dare un'applicazione più stringente di questa disposizione ai ricorsi delle associazioni, allo scopo evidente di scoraggiarli. Preciso che una disposizione identica è già stata approvata con il cd. "decreto anticrisi" (citato infatti nella relazione alla proposta di legge) con riferimento ai ricorsi delle associazioni contro le nuove grandi opere decise dal Governo nell'ambito del "quadro strategico nazionale" anticrisi. La seconda norma proposta è più grave in quanto prevede che le associazioni, nel caso in cui il loro ricorso sia respinto perché dichiarato "manifestamente infondato", siano condannate, oltre che alle spese del giudizio, al risarcimento dei danni. Questa è una previsione che varrebbe solo ed esclusivamente per le associazioni di protezione ambientale le quali dunque verrebbero punite per il loro attivismo. E' chiaro che così facendo mai e poi mai un'associazione si arrischierebbe di proporre un ricorso contro non dico una "grade opera", ma neppure una strada di paese, in quanto c'è il rischio di condanna al risarcimento di danni milionari e dunque di "fallimento" dell'associazione. Il tutto risulta ancora più grave se si considera che in molti casi soltanto le associazioni ambientali vengono considerate legittimate a proporre un ricorso in materia ambientale (in quanto la legittimazione dei comitati locali è dubbia e i singoli cittadini debbono dimostrare di avere un concreto interesse che può essere pregiudicato dall'intervento). così facendo dunque si azzerano gran parte delle azioni davanti al Giudice amministrativo in materia ambientale. E' chiaro che una previsione di questo tipo costituirebbe una grave violazione del principio costituzionale della tutela giurisdizionale degli interessi, oltre che di quello dell'eguaglianza delle parti in giudizio: ma perché non si prevede anche la condanna delle imprese che perdono il ricorso in materia di appalti? ovvio che no: si bloccherebbe una legittima esigenza di tutela giurisdizionale degli interessi economici. Ma perché allora non debbono essere considerati altrettanto legittimi gli interessi alla tutela ambientale? Spero di aver chiarito l'abnormità di una tale proposta per la stessa democrazia del nostro Paese."
(lettera firmata)

04 aprile 2009

Una proposta di legge antiambientalista del tutto in malafede

Poichè è opinione diffusa che in Italia le grandi opere non si realizzino per colpa degli ambientalisti che rallentano lo sviluppo del Paese, le menti moderatamente rivoluzionarie degli uomini del Governo hanno pensato che per scoraggiarli, non basti far altro che fargli pagare le spese derivanti da possibili ricorsi persi.
Le associazioni dei cittadini che protestano e riescono anche a fare un ricorso contro mostri ambientali, normalmente si autofinanziano, dividono le spese e spesso ci rimettano di tasca propria. Gli argomenti di protesta sono tali da riuscire a dare del filo da torcere ad aziende potentissime.
Nonostante questo accade spesso che i ricorsi delle associazioni ai tribunali amministrativi siano persi.
C'è una recente proposta di modifica dell'art. 18, comma 5 della legge n. 349 dell'86 che istituisce il Ministero dell'Ambiente, che vorrebbe scoraggiare i ricorsi delle associazioni ambientaliste e dei comitati, facendo loro pagare le spese dei ricorsi persi.
La sindrome Nimby ,a cui fa riferimento la proposta di legge, vorrebbe giustificare la pesantezza della proposta, che di fatto renderebbe inutile ogni tentativo di opporsi ad opere invasive e distruttive del territorio. Nel nostro caso pensiamo ad esempio al rigassificatore di Porto Levante portato ormai su un palmo di mano da tutti, con rare e nobili eccezioni. E potrebbe riguardare anche la promessa centrale a carbone di Enel a Porto Tolle.

La proposta di legge è fatta a mio parere un po' in malafede in quanto dà per scontato che le associazioni e i comitati non siano in grado di ragionare su di una visione di ampio respiro e di collettività oltre il proprio "giardino".
Si potrebbe invece dimostrare l'esatto contrario, cioè che è proprio la mancanza di una pianificazione ampia, regionale e nazionale, di una visione di insieme anche delle caratteristiche territoriali, che permette ad aziende multinazionali di sfruttare la debolezza politica ed economica di un territorio per aprirsi la strada e costruirsi le sue infrastrutture.
Mi chiedo a questo punto come potranno i cittadini difendersi, se chi fa le leggi le fa in malafede nei loro confronti...
Si vede che si tratta di cittadini diversi: ci sono quelli in Parlamento che sono di una specie superiore, altamente selezionata (nei modi che ormai conosciamo tutti), e quelli normali che ogni tanto si permettono di protestare senza averne il diritto, perchè di specie inferiore.

L'articolo di modifica è qui sotto riportato ( ed è visibile direttamente qui )
Modifica all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, in materia di responsabilità processuale delle associazioni di protezione ambientale (primo firmatario M. Scandroglio del PdL)
Presentata il 10 marzo 2009


Onorevoli Colleghi! - Se, da un lato, la spinta ambientalista ha determinato un continuo sviluppo della normativa di settore che regola gran parte delle attività che determinano un qualche tipo di impatto ambientale sul territorio nazionale, dall'altro lato, le istanze ambientaliste hanno contribuito alla crescita di una diffusa attenzione al «territorio di riferimento» che, all'interno della società civile, ha originato con sempre maggior frequenza comportamenti di protesta contro le scelte infrastrutturali sviluppate da soggetti pubblici e privati.Tali proteste, conosciute con l'acronimo «Nimby» («Not in my back yard»), determinano un ritardo costante del «cantiere Italia». I dati del progetto «Nimby Forum», gestito dall'Agenzia di ricerche in formazione e società (ARIS), indicano che il 2007 ha registrato una situazione cronica di stallo nella costruzione di grandi opere, con 193 infrastrutture oggetto di protesta. Rigassificatori, termovalorizzatori, corridoi ferroviari, centrali a biomasse, elettrodotti, autostrade, discariche, inceneritori: qualunque fosse il progetto, il fermo alla sua realizzazione è stato disposto sempre per le stesse ragioni. Un ricorso al giudice amministrativo è sufficiente a impedire o a ritardare la realizzazione di opere pubbliche, senza che sia previsto alcuno strumento di responsabilizzazione delle associazioni di protezione ambientale, le quali, talvolta, presentano ricorsi pretestuosi, con il solo e unico scopo di impedire la realizzazione dell'opera pubblica. Il dilagare di questo fenomeno ritarda (e spesso paralizza) la realizzazione di gran parte degli interventi pubblici in programma nei settori dell'energia, dei trasporti, dello smaltimento rifiuti, della depurazione e della stessa edilizia residenziale e terziaria. Il problema di fondo sembra consistere nel fatto che tali opere infrastrutturali, progettate per generare nel tempo benefìci e vantaggi per un'utenza vasta (spesso per l'intera collettività nazionale), determinano disagi concentrati sulle comunità situate nelle più immediate vicinanze della stessa opera.
Questa originale forma di «egoismo territoriale» mantiene solo parzialmente l'originale matrice ambientalista: la sua esplicitazione in comportamenti di aperto conflitto finisce, infatti, per penalizzare la stessa realizzazione degli interventi inseriti nei programmi di politica ambientale.
Pertanto, sembra doveroso un intervento legislativo volto a responsabilizzare l'attività delle associazioni di protezione ambientale, al fine di evitare che ricorsi amministrativi, manifestamente infondati, siano presentati al solo fine di ritardare la realizzazione di opere pubbliche. Per fare ciò si prevedono la responsabilità delle stesse associazioni per lite temeraria e il conseguente risarcimento del danno a vantaggio della pubblica amministrazione.
La legge 8 luglio 1986, n. 349, recante le norme in materia di danno ambientale:

1) all'articolo 13 individua le associazioni di protezione ambientale legittimate ad agire in giudizio avverso qualsiasi provvedimento che leda in modo diretto e immediato l'interesse ambientale; esse sono, pertanto, legittimate a impugnare anche atti a contenuto urbanistico purché idonei a pregiudicare il bene dell'ambiente, anche se lo specifico bene non sia sottoposto ad alcun vincolo (paesistico, archeologico, idrogeologico eccetera);

2) all'articolo 18 attribuisce alle associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 il potere di intervento e la potestà di impugnare gli atti illegittimi lesivi del «bene-ambiente».

Tuttavia, la modifica di tale legge non può non tenere conto dell'orientamento del legislatore nel cosiddetto «decreto anti-crisi», decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, della legge 28 gennaio 2009, n. 2: l'articolo 20 di tale decreto prevede, infatti, un iter accelerato per le opere pubbliche ritenute prioritarie «per lo sviluppo economico del territorio», la nomina di commissari straordinari delegati che dovranno vigilare su tutte le fasi di realizzazione dell'investimento e che, quindi, seguiranno ogni progetto con poteri sostitutivi delle amministrazioni interessate, ma, soprattutto, l'abolizione della facoltà sospensiva del tribunale amministrativo regionale (TAR). Lo snellimento delle procedure non permetterà più che sia il TAR a decidere se un'opera si debba fare o meno: con le nuove norme vengono accorciati i tempi per il ricorso contro le decisioni del commissario straordinario delegato. Il cantiere, pertanto proseguirà nei suoi lavori e se il ricorrente dimostrerà di avere ragione otterrà un indennizzo.

PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo il comma 5 dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, sono aggiunti i seguenti:

«5-bis. Qualora il ricorso di cui al comma 5 del presente articolo, presentato dalle associazioni, individuate ai sensi dell'articolo 13 della presente legge, sia respinto, alle associazioni soccombenti che hanno agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave si applicano le disposizioni dell'articolo 96 del codice di procedura civile.
5-ter. Qualora il ricorso di cui al comma 5 del presente articolo, presentato dalle associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13, sia respinto perché manifestamente infondato, il giudice condanna le associazioni soccombenti al risarcimento del danno oltre che alle spese del giudizio».